21 settembre 2024 - 85 anni

Per questa settimana interrompo la pubblicazione degli appunti di mio padre sull'arte figurativa contemporanea, dato che oggi sarebbe stato il suo compleanno, e quindi è l'ottantacinquesimo anniversario dalla sua nascita.

Pur nella tristezza del momento di passaggio dal festeggiamento dei compleanni alla memoria degli anniversari, voglio ricordare Giuseppe, papà, con la sua voce i suoi pensieri e la sua arte.

In allegato trovate un file parte di uno scambio epistolare con sua cugina Carla Tribolo, anche lei dedita alla pittura: in esso è contenuta una collezione di foto di quadri di papà, pur se a bassa risoluzione, che risalgono a un periodo tra la fine degli anni '80 del  900 e i primi anni 2000. 

 Carla

 

Di seguito, invece, le parole in cui papà spiegava e razionalizzava il suo approccio alla pittura:

Non trascurando nessuno dei problemi posti dai contesto artistico attuale, pur con i mezzi modesti che la mia condizione di “amateur” mi consente, cercherò di chiarire, in primis a me stesso, in che modo ho cercato di districarmene in modo, almeno parzialmente, positivo. La scelta da me fatta è intermedia, concettualmente, alle due posizioni attuali (astrattismo estremo, figuratività impersonale): cercare ed esporre la persuasività e la sincerità dei propri mezzi espressivi, come tali, e nel contempo dichiarare chiaramente quale urgenza ci muova. Non solo quindi il come parlare , ma anche cosa dire, senza separatezza fra le due direttive di marcia. Il mondo da me scelto è quello dello schizzo, nel quale il rapporto con la realtà, esteriore od interiore, che ci muove è immediato ed esplorativo, è un abbozzo iniziale del proprio istinto fattivo che cerca di realizzare in modo non preordinato, ma mutando invece, ad ogni istante, il modo di procedere, attenti a quello che il realizzato ci rivela sia sul come rispondiamo all’assunto formale intenzionale e nello stesso tempo come accogliamo i suggerimenti che il procedere per tentativi ci porge, cercando e trovando un linguaggio espressivo legato soprattutto ai sentimenti profondi che ci motivano, senza pregiudiziali al di fuori dell’esprimersi in modo leggibile da chi desidera guardarci.

A questo risponde, nei miei dipinti, il rivelare il piacere del colore e della pennellata, il giocare tra costruzione e suggerimento fantasmatico delle figure, l’esattezza anatomica o la deformazione espressiva improvvisa, seguendo il forzare della mano sul contorno o sul ritmo dei colpi di pennello, i contrasti tra superfici piane, fingenti spazio, e figure, le quali trovino a volte più credibilità e altre volte uno spiazzamento, ma anche accenni ad un racconto e nel contempo la sua negazione a favore di una simbologia generale che lo trascenda. In altre parole una scelta espressonista.

Ma come ci si porge il mondo baluginante che si concretizza? Dove si colloca rispetto a noi, quale rapporto ha con noi? Prevale l’assenza di spazi slontananti. I protagonisti si affacciano cercando di uscire dal proprio spazio virtuale e invadere il nostro reale, inoltre ci guardano intensamente, ci parlano, urlano, hanno forte mimica, fino alla caricatura. Affermano la loro presenza, ma richiedono fortemente la nostra: noi e loro come legati dall’inganno di uno specchio. Cosa racconta questa commedia visiva? Il male di vivere, la malinconia, la paura e l’orrore, sopratutto di noi stessi, la nostra cecità ottusa di fronte alle attuali sfide alla nostra vita che rinunciamo ad affrontare e vincere, il nostro diffuso amore per la violenza più atroce, la nostra ipocrita e presuntuosissima considerazione di noi stessi.

Le mie figure così in primissimo piano con gli occhi fissi nei tuoi, sono in fondo chiaramente degli autoritratti. In una strana particolare condizione però. Nell’autoritratto sei tu che sembri un’altra persona, che ti guardi da uno specchio e ti chiedi conto inquisitoriamente di te, di chi e cosa sei, dei tuoi propositi, dei tuoi pensieri e azioni nei confronti dei vizi e paure, di cui parlavamo prima. Nei miei ritratti è un’altra persona, che sembra però te e ti confessa le sue paure e il suo sconcerto di fronte alle stesse cose di prima, con una inquieta ambiguità. Quanto alla forma, come succede quasi sempre dal dopoguerra in poi, non esiste niente di preordinato nei dettagli da rappresentare; la figura non precede l’esecuzione, si genera ed emerge nel corso del dipingere stesso su una vaga idea progettuale. Il disegno è solo un contorno sul quale si stendono i colori di fondo, già in contrasto fra loro per ottenere un effetto coloristico forte, poi man mano si lavora tra luci, ombre, colori ancor più in contrasto, forzando e riequilibrando, fino a che il tutto sembra aver raggiunto un’espressione decisa, con un proprio equilibrio. IL vero motivo di queste mie scelte è probabilmente perchè considero la realtà ottica e contingente molto coinvolgente, ma fragile pronta a rompersi e corrompersi pur con la sua superficie specchiata . Io voglio rappresentarla già rotta e corrotta, ma nella parte più dura a morire. A volte c’è un amara ironia, spiegarne il senso e il meccanismo è semplice: le vignette satiriche prendono in giro la realtà, io prendo sul serio le vignette."

Giuseppe BONENTI

 

Buon compleanno papà, ti voglio bene.


Il copyright © delle immagini  e dei testi in questo post e nel file collegato è degli eredi di Giuseppe Bonenti e vengono rilasciati con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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